La disavventura che ha del discriminatorio è successa ad una giovane ragazza di Mestre-Venezia, Paola Filippini, questo il suo nome; la stessa si presenta qualche settimana fa ad un colloquio di lavoro presso un’agenzia immobiliare a Mestre, ma il presunto datore di lavoro le fa domande sulla sua vita privata, cose che ovviamente non c’entrano nulla su quello che dovrebbe essere un normale rapporto di lavoro, a meno che, entrambi non siano rispettivamente amici intimi.
E’ la stessa Paola che, attraverso il suo profilo Facebook mette in evidenza questo strano comportamento che il suo fantomatico datore di lavoro ha avuto nei suoi confronti, e che più in generale, si sta sempre diffondendo in alcune realtà lavorative. Ecco un buona parte di quanto scritto da Paola: “Questa mattina sono stata convocata per un colloquio di lavoro presso una nota agenzia immobiliare di Mestre che si occupa-anche-di affitti turistici. Sto cercando un lavoretto saltuario per arrotondare perché non sono ancora abbastanza brava e famosa per vivere di sola fotografia, quindi mi sono proposta come hostess per check-in per alloggi turistici, un lavoro che ho già fatto per tanti anni. Lui, l’egregio Dott. M.M. si presenta all’appuntamento con 30 minuti di ritardo. Non fa niente. Ha una maglia verde lega, ma mi astengo da pregiudizi. Entro nell’agenzia, e dietro di me, sulla porta, un signore che parla poco l’italiano chiede di poter entrare a chiedere un’informazione. Lui, l’egregissimo M.M., lo secca con un “Torna dopo!”. Soppesando il suo grado di educazione e professionalità, lo seguo verso il suo ufficio. Mi fa accomodare alla sua scrivania, ma non si presenta, non mi da la mano, non si scusa del ritardo, mi da del tu. Questa cosa mi da fastidio, ma anche qui passo oltre. Prende un foglio prestampato. Questionario Informativo, c’è scritto. Inizia con le domande: Lui: “la tua data di nascita?” io:“1-12-87” Lui: “e quanti anni hai? ”io: “28” Lui: “dove vivi?” io: “risiedo a Mestre” Lui:“ .mi serve l’indirizzo preciso” io: “sono certa di averlo già scritto nel mio C.v.” sorrido educata. Lui: “mi serve questa informazione di nuovo” (seccato) io: “va bene, via ***” Lui: “ok. Stato civile?” io: “in che senso?” (oh no, sento già lo stomaco chiudersi) Lui: “sei sposata? Convivi? Hai figli?” Respiro “E’ necessario che io risponda a questa domanda?” Lui:“ si, è necessario” (si sta agitando) io: “posso non rispondere”? Tenetevi forte. Lui: “Certo. Allora ti puoi anche accomodare fuori, per me il colloquio finisce qui”. Prende il Questionario Informativo, lo strappa davanti alla mia faccia con fare da vero uomo duro. Si alza, mi apre la porta. “Non capisco,” dico io “perché mi sta congedando in questo modo” Lui: “Perché tu mi devi rispondere alle domande, e se non mi rispondi il colloquio non può proseguire” …..Continua.”
Quanto scritto da Paola, rispecchia fedelmente il senso di degrado a cui si è giunti sul “piano” del lavoro in questi ultimi decenni, i semplici colloqui di lavoro a scopo di assunzione a cui eravamo abituati un tempo, hanno lasciato posto a dei veri e propri interrogatori; purtroppo, “adesso”, e in questo contesto, avvalersi della “facoltà di non rispondere” a certe domande sarebbe quantomeno giusto, ma nello stesso tempo diventa una sorta di “arma” puntata verso chi cerca lavoro, “arma”, di cui sfortunatamente, alcuni datori di lavoro, hanno il pieno controllo.
Il testo integrale di quanto scritto da Paola, lo potete trovare sul suo profilo Facebook.
Se volete commentare (e mi auguro lo facciate), o, correggere quanto scritto, oppure se qualcuno ha avuto esperienze simili a quella di Paola , e vuole aggiungerli a seguito del post, lo invito a lasciare un messaggio. Grazie.